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Apprendimento e videogiochi: di nuovo a Pisa #IF2019

Continuo a esplorare con molto interesse la connessione tra apprendimento e videogiochi, e fortunatamente continua anche l’interesse per questa esplorazione: per il terzo anno di fila, sono stato invitato all’internet festival di Pisa a tenere un seminario su “come imparare con i videogiochi”.

Come cerco sempre di fare, ho un po’ rinnovato la formula e cambiato alcuni elementi, per concentrarmi di più sulla parte di apprendimento, per restare collegato al tema del festival (che quest’anno era #leregoledelgioco )… e anche per ovviare alla mancanza del mio partner-in-crime Carmine Rodi che quest’anno non ha potuto essere con me in questa esperienza.

L’internet festival, a proposito di apprendimento, è un gran posto anche per poter soddisfare bisogni molto più personali, dal farmi un set di selfie con i pezzi più clamorosi della fantastica mostra di retrocomputing nel basement del centro congressi dove ho lavorato e alloggiato, allo stringere la mano a mr. Mozart in Mirrorshades in persona, Bruce Sterling, all’uscita di una conferenza, per poi vederlo scuotere la testa e dire “You are too kind”, e invece no porca miseria, a poterlo fare, ti portavo a casa e ti mettevo sul comodino 😀

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tra i pezzi forti della collezione: Enigma.
Si tratta della macchina usata dai nazisti per criptare le proprie comunicazioni: l’hacking di questo strumento da parte di Alan Turing e del suo team ha contribuito in modo cruciale a far vincere agli Alleati la seconda guerra mondiale.

Per quanto riguarda il mio seminario su videogiochi e apprendimento, quest’anno a quanto pare il sold-out è stato più rapido degli anni precedenti, quindi gli organizzatori hanno avuto il tempo di chiedermi di inserire una ulteriore edizione il sabato mattina alle 9, subito riempita da uno scoppiettante gruppo di ragazze e ragazzi di terza media pieni di domande (e di risposte!) su quale sia per l’appunto il loro legame tra l’apprendimento e i videogiochi. Il secondo round, dopo ben un quarto d’ora (!) per riprendere fiato e bere un po’ d’acqua, ha visto di nuovo il tutto esaurito con un altro bel gruppone di ragazze e ragazzi, portando la statistica dei partecipanti a più di 50 in una sola mattina, che credo che sia il record di questa attività finora 🙂

Nel secondo round della mattina, è venuta a trovarmi anche Gabriella, l’animatrice del blog  Zenda, con cui abbiamo fatto una interessante chiacchierata, spesso pronunciando quella che in questo blog si chiama “la parola con la S”… ossia facendo riferimento al convitato di pietra di ogni discorso sull’innovazione dell’educazione: la scuola italiana. Fatevi un giro sulle sue pagine, gli argomenti sono contigui e sicuramente c’è materiale che vi potrebbe interessare.

In realtà anche quest’anno, soprattutto nella terza edizione del laboratorio, la domenica mattina, ho incontrato insegnanti curiosi, preparati e motivati con cui si sono fatte pensate interessanti su come l’apprendimento anche scolastico possa trasformarsi ed evolversi – insieme a qualcun altro, arrivato a metà del laboratorio con il telefono in mano a fare foto alle slide e a chiedere, con tono da interrogazione di matematica: quali sono gli strumenti da usare nella scuola dell’infanzia? E nella scuola primaria?

Come se fosse solo una questione di strumenti.
Dei titoli dei giochi da comprare.

Peraltro ormai molti anche in Italia si dedicano a segnalare i nuovi titoli interessanti, anche in un panorama più indie o con vocazione più educativa, e di sicuro con più frequenza e approfondimento di quanto io riesca a fare ogni tanto in questo blog. Come ho risposto alla impettita (e indispettita) insegnante, se interessano solo titoli, questi si possono trovare facilmente grazie ad esempio all’ottimo lavoro di siti come Mamamò o di newsletter come Papille.

Il punto, vorrei ripeterlo ancora una volta, è il metodo, non gli strumenti.

Mi ripeterò ancora, aggiornando un po’ una famosa frase di Seymour Papert, ma il digitale nella scuola può portare a trasformazioni così potenti… che per tanti è più semplice e sicuro trasformarlo in una materia scolastica, e tanti saluti.

Gli adepti stessi del digitale, d’altra parte, a volte pensano che l’apprendimento semplicemente possa accadere per magia, non appena un dispositivo viene acceso e utilizzato da un gruppo di ragazzi. In parte è anche così, come ci insegnano le esperienze di Sugata Mitra, ma dietro c’è sempre un gran lavoro di preparazione, di definizione di confini, di selezione di contenuti e contenitori.

Proviamo allora a riportare qui un po’ di quel che ho imparato discutendo con i partecipanti ai laboratori di questi giorni, o di quel che già pensavo ed è stato confermato. Cominciamo da quello che per me è un punto fermo: se si vuole fare (video)game based learning, bisogna usare giochi veri. Di quelli che si comprano su Steam, o su Gog, per capirci – per stare su piattaforma PC, che mi sembra la più proponibile in questo momento nelle scuole.  L’uso di console, peraltro già sbarcato nelle biblioteche grazie al lavoro di bibliotecari di frontiera come quelli del gruppo Gaming in Biblioteca, credo sia destinato a restare un miraggio nelle scuole ancora per chissà quanto.

Un momento del laboratorio: si parla di divertimento!

Altro punto fermo: il divertimento, per quanto questo possa sembrare blasfemo a qualcuno, deve essere il centro di questa esperienza di apprendimento. Il che secondo me vuol dire che alcuni aspetti (uno per tutti: la valutazione…) andrebbero messi seriamente in discussione. Già la buonanima di Alberto Manzi, ai tempi suoi, si era preso non so più quanti richiami dal ministero proprio per aver smesso di utilizzare voti ed affini. I decenni sono passati, il mondo è cambiato, ma che ci si possa liberare dal paradigma della fatica legata all’apprendimento, resta un miraggio.

Su questo intendiamoci: chilometri di montagne girate e rigirate con zaino e tenda in spalla in anni di esperienze scout mi hanno ben insegnato il valore della fatica – ma per l’appunto, una fatica divertente, collegata ad un’esperienza piacevole, non fine a sé stessa. Alla fine della camminata si pianta la tenda e si passa la sera a cucinare, mangiare e giocare insieme – non a fare la gara a chi ci ha messo meno tempo. Se Nietzsche voleva mandare i filosofi sulle navi, io una bella due giorni di sentiero e zaino, ogni tanto a qualche insegnante la consiglierei di tutto cuore.

E poi giochi sono spietati, nel dare una valutazione: in molti casi, se sbagli muori.

Ma poi ricominci senza traumi, metti a frutto quel che hai imparato dall’errore, e dai e dai riuscirai a superare quel passaggio difficile – oppure dovrai documentarti di più, metterti a studiare il problema, trovare una soluzione online o da qualcuno che ci è già passato. Già qualche anno fa, studi sulla motivazione a leggere testi scolastici, paragonati a wiki di giochi super popolari come, ai tempi, World of Warcraft, indicavano risultati sorprendenti.

Imparare dall’errore è un’altra cosa che i videogiochi riescono a far fare benissimo. E quindi? Mi sembra di sentirle già, le obiezioni: i ragazzini non avranno per sempre la rete di protezione del poter riavviare la partita dall’ultimo salvataggio! La vita non funziona così!

E’ verissimo, il rischio di escapism è sempre in agguato, ma prima di patologizzare sempre tutto, riconosciamo anche la funzione importante che favole e letteratura di evasione hanno sempre avuto, soprattutto nelle esperienze dei più giovani. Come diceva la famosa frase?

 Le favole non servono a insegnare ai bambini che esistono i draghi – quello i bambini lo sanno da soli. Le favole servono a insegnare come sconfiggerli 😉

I partecipanti al laboratorio sono stati al gioco fino all’ultimo, e hanno accettato di discutere, dopo l’esperienza di gioco, su quale fosse il possibile apprendimento. Senza nessuna pretesa di rilevanza statistica, questi sono stati gli aspetti stimolati dall’esperienza di gioco, secondo quanto loro stessi hanno potuto comunicare in un questionario a risposte multiple subito dopo:

per più del 30% dei partecipanti, i giochi proposti hanno stimolato la comprensione del testo; per un valore ancora maggiore (oltre il 35% delle risposte) è stata stimolata la meta riflessione su quanto succedeva nel gioco, nella storia narrata, ecc ecc. Solo poco più del 10% ha però indicato chiaramente uno stimolo della propria capacità di previsione. Circa il 20% ha dichiarato uno stimolo delle proprie capacità di comunicazione con gli altri. Un valore superiore (circa il 25%) ha dichiarato uno stimolo delle capacità di collaborazione.

Gli ultimi due dati assumono secondo me un valore particolare, se sottolineiamo il fatto che tutti i giochi proposti, ad eccezione di uno, erano giochi single-player giocati però in gruppi da 2 – 3 persone. Questo è un altro elemento da non dimenticare: la socialità nel gioco, che quando non c’è si può indurre, con un po’ di fantasia e di organizzazione degli spazi.

Inoltre alla richiesta di individuare precisamente se ci fossero elementi riconducibili a materie scolastiche, il 40% scarso che ha risposto di sì ha elencato:

  • matematica
  • geometria
  • lingua inglese
  • lettura / lingua italiana
  • diritto
  • geografia

E’ anche più interessante sottolineare che in molti non hanno colto alcun legame con l’apprendimento scolastico… e poi hanno dichiarato che le competenze più stimolate erano la comprensione del testo e la meta riflessione su di esso 😀

Questo è un aspetto potenzialmente da sfruttare, per tener lontano il giudizio di “scolasticità” da questa esperienza!

 Praticamente nessuno ha indicato di aver ricevuto stimoli per quanto riguarda i riflessi – e questo naturalmente dipende molto dai giochi scelti, che ovviamente hanno la loro importanza, per quanto questa trovi senso ed effetto solo se inquadrata dentro un più ampio discorso di metodo, come già detto.

Tra i giochi non c’era nessun FPS e solo un platform, per quanto molto particolare. C’erano classici datati e giochi abbastanza recenti, produzioni indipendenti e grandi nomi. Per finire questa carrellata su apprendimento e videogiochi (e far contenta la maestra indispettita), mettiamo dunque qui uno schema dei giochi utilizzati:

Buon apprendimento… e divertimento a tutti!

One thought on “Apprendimento e videogiochi: di nuovo a Pisa #IF2019

  1. Carmine

    molto interessante come sempre 🙂 ottima idea quella del questionario finele per rilevare l’apprendimento. In effetti ci mancava gli altri anni.

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