storie di videogiochi

Videogame di geografie (e di storie) a #iviprodays2019

Il 14 e 15 settembre si è svolta al Castello Estense di Ferrara la due giorni organizzata da IViPro per parlare di videogiochi e promozione del territorio e del patrimonio culturale locale, delle sue storie e delle sue tradizioni.

Per chi non lo conoscesse ancora, IViPro – l’Italian Videogame Program – è un progetto che ha l’obiettivo di promuovere luoghi e storie del ricchissimo territorio italiano, per farli diventare ambientazioni o sfondi di videogiochi, dopo le esperienze di titoli di primo piano (il più famoso è ovviamente Assassin’s Creed) che a quanto pare hanno portato grandi aumenti nel flusso di turisti delle località in cui sono ambientati, in particolare in quel caso, nel piccolo borgo di Monteriggioni in Toscana.

Monteriggioni in Assassin’s Creed

Qui dovremmo aprire una parentesi sul fatto che i numeri (sia del budget di produzione, sia delle successive vendite) di Assassin’s creed sono difficilmente paragonabili a qualunque videogioco italiano anche di ottima qualità, ma soprattutto sul fatto che l’11% di aumento dei turisti dichiarato (in numeri assoluti si tratta di alcune centinaia di persone, ma per Monteriggioni, come qualcuno dei relatori commentava, ce ne sarebbe già di che leccarsi non solo le dita ma anche i gomiti… 😀 ) sia un dato rilevato solo subito dopo l’uscita del gioco, e non più misurato negli anni successivi, e quindi rischi di essere un abbaglio. Non ha mancato di farlo presente nel dibattito il sempre acuto critico videoludico Matteo Lupetti, anche lui presente all’evento, quindi comunque non apriamola, questa parentesi.

In ogni caso non è di questo che vorrei parlare.

Durante l’incontro è stato dato spazio a diversi progetti nati a partire dal database narrativo, che è il vero cuore del progetto IViPro (a cui peraltro è possibile contribuire segnalando luoghi e storie del proprio territorio… forza!), giustapposti e intervallati da presentazioni di altri giochi europei che in un modo o nell’altro con il territorio e le sue storie dialogano in maniera molto profonda.

i titoli presentati sono stati davvero molti, a riprova dell’efficacia del progetto e del lavoro di IViPro. Si va da The hand of glory, punta-e-clicca ispirato a Broken Sword e ambientato tra Miami e la rocca di San Leo in Romagna, a WunderBO, che è più una sorta di tour interattivo nei musei civici bolognesi, a Hundred days che è un simulatore del ciclo produttivo del vino sulle colline del Piemonte, e che già annunciava come DLC la possibilità di aggiungere altre zone geografiche di produzione, sia italiane che internazionali, e tanti altri che trovate raccolti in questa scheda.

Qui dovremmo aprire un’altra parentesi, sul fatto che ahimè, l’execution nei prodotti tecnologici è sempre la cosa più importante, e in alcuni dei giochi presentati risulta invece ancora non convincente per un utente medio, che magari potrà (poi) apprezzare la ricchezza di contenuti costruita dialogando con musei e istituzioni culturali locali, ma se prima non si appassiona al gioco, perché la grafica non è interessante, le meccaniche di gioco sono poco chiare o macchinose, o poco gratificanti, e così via… quel passaggio ai contenuti non lo farà mai, e il gioco finirà per essere disinstallato o dimenticato molto presto.

Personalmente ho trovato, ad esempio, molto poco appagante l’esperienza di gioco con titoli come Mi Rasna, che pure è un bellissimo progetto costruito con l’obiettivo di raccontare la civiltà etrusca in Italia. Il gioco ha contenuti curati da uno staff di archeologi e storici dell’arte, con la partecipazione di diversi musei che – altrettanto interessante – ricevono poi il 3% dei guadagni del gioco in cambio della cessione gratuita dei diritti di immagine dei reperti delle loro collezioni. Le schede informative interne al gioco sono una miniera di informazioni, i trailer video sono super intriganti, ma… il gameplay secondo me davvero non rispetta le promesse, ed è un vero peccato, dato il lavoro dietro le quinte e l’interessante modello di sviluppo proposto. La sensazione però è che questo sia un po’ il peccato originale di molti dei giochi sviluppati in questo ambito, e mi dispiace molto. Spero che ci saranno miglioramenti e sorprese nei titoli futuri.

Ma non è nemmeno di questo che vorrei parlare.

vorrei invece soffermarmi su questo aspetto, forse un po’ laterale rispetto al tema della due giorni ferrarese: i titoli presentati, pure molto diversi tra loro, sono tanto più vivi e convincenti quanto i territori e le geografie, a partire da quelle mappate da IViPro, sono legate a doppio filo con le storie che le hanno abitate, che ne costituiscono l’anima, e che semplicemente, vogliono essere raccontate.

la “torre di Roncisvalle” di Chiuro (Sondrio)

Per questo è fantastico lo sforzo di un piccolo paese come Chiuro, in Valtellina, che segnala il suo patrimonio locale sul database di IViPro e realizza modelli 3D dei suoi palazzi e della sua torre medievali – ma è ancora più fantastico che un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti S. Giulia di Brescia decida di ambientare lì il videogioco che sta sviluppando, a partire da una leggenda medievale ambientata nella torre… e si ritrovi poi per le mani storie di sentieri partigiani, di tunnel usati prima dai contrabbandieri e poi dagli ebrei esuli verso la Svizzera, e decida di virare su quello la sua storia, andando a parlare anche con il Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, proprio a Ferrara, per inquadrare meglio la vicenda.

Ed ecco qua, le leggi razziali, gli ebrei di Milano in fuga tra i boschi verso la Svizzera, i fascisti italiani che li inseguono e li braccano insieme ai nazisti. Tutta roba frettolosamente data per morta e sepolta, ma disseppellita in un attimo per farci un videogioco. Nel gioco tutto questo resta sullo sfondo, l’ispirazione dichiarata è il film Il Labirinto Del Fauno, ma in ogni caso mi colpisce ritrovarmela davanti così. Il titolo (provvisorio?) del gioco è Leah’s Fate, non so se la citazione da Diablo sia voluta o meno, ma auguro ai ragazzi buona fortuna e mi riprometto di andarli a cercare presto.

Si è parlato ancora di geografie e storie che vogliono essere raccontate per loro tramite. Uno degli ospiti infatti era Vit Sisler, il lead designer di Attentat 1942, gioco ceco che racconta l’attentato partigiano che uccise il gerarca nazista Heydrich “il macellaio di Praga”, e la successiva repressione che i nazisti scatenarono in tutta la allora Cecoslovacchia.

Il giocatore impersona il nipote di un praghese ormai anziano e sul letto di morte, e scopre improvvisamente che il nonno era stato arrestato e deportato in questa ondata di repressione post-attentato, anche se in famiglia non se ne era mai parlato. Decide quindi di indagare, raccogliendo testimonianze e storie tra i familiari, i vicini di casa, gli amici ancora in vita del vecchio nonno per ricostruire cosa sia successo nel suo paese prima, durante e dopo i fatti del 1942.

A mia precisa domanda, Vit ha raccontato che esiste una versione speciale del gioco, venduta in bundle multi-licenze con una guida per l’insegnante, e dedicata all’uso a scuola; in pratica, le testimonianze da ascoltare prima di decidere dove orientare le proprie indagini sono più brevi, e le sessioni di gioco possono essere quindi inserite meglio nei tempi scolastici; inoltre la grafica è stata ritoccata per proiezioni su schermi e LIM in classe, con una impaginazione lievemente diversa.

E’ interessante notare che il gioco è stato sviluppato dall’Università Carolina di Praga, che ha creato un game studio (in realtà, ufficialmente si tratta di un gruppo di lavoro inter-facoltà, mi ha poi confessato Vit: la burocrazia universitaria non avrebbe nemmeno concepito la possibilità di creare uno studio di produzione di videogiochi all’interno delle sue strutture…) e che sta lavorando e riflettendo su come utilizzare i videogiochi per insegnare la storia, ma anche su come progettare videogiochi che possano insegnarla, la storia. Gli utilizzi scolastici del gioco stanno venendo mappati con una indagine di cui presto saranno rilasciati i risultati, che leggeremo con interesse, anche perché gli usi didattici del gioco stanno seguendo di pari passo le varie traduzioni via via rilasciate: prima in repubblica Ceca per il gioco in lingua originale, poi in Germania con la versione tedesca, poi negli USA con la versione internazionale in inglese…

Ho chiesto a Vit se e quando è in programma una versione italiana, offrendomi anche come volontario per tradurre tutto… ma intanto sono più di mille pagine di testi (!), e poi l’autore mi ha raccontato che vogliono che tutte le traduzioni siano ricontrollate da storici madrelingua della lingua di destinazione, in modo da preservare anche il taglio e le diverse angolazioni che i racconti contengono.
Costo stimato per la versione italiana: circa 4000 €. Se ci sono benefattori interessati, vi metto in contatto con Vit 🙂

libertà 1945 – fino a quando?

Il prossimo lavoro di Vit e del suo team, Svoboda 1945 (Libertà 1945) riguarda il periodo successivo: la fine della guerra mondiale, la ritirata dei nazisti con il consueto strascico di violenze e stragi ancora più insensate di quanto fatto fino ad allora (come in Italia, del resto…), il ruolo cruciale dei comunisti nella liberazione del paese, la transizione al comunismo. Non sappiamo quanto in là si spingerà il nuovo gioco, che ancora non è uscito, ma la rivolta del 1968 all’orizzonte lo renderebbe ancora più interessante.

Di Wheels of Aurelia abbiamo invece già parlato altrove in tempi non sospetti, quindi non ci ripeteremo se non per apprezzare lo stile di Santaragione, che a differenza di altri, centra molto bene l’obiettivo della giocabilità, e che ha annunciato un nuovo gioco ambientato in Sardegna con la collaborazione di IViPro e della Sardegna Film Commission, con location tra i nuraghi e le miniere del Sulcis, colonna sonora realizzata da musicisti di musica tradizionale… lo aspettiamo!

Per finire, un altro titolo, che in realtà ha in pratica aperto il festival, in cui storie e geografie si mischiano ma in cui soprattutto, il tema trattato parla direttamente di oggi e di questioni oggi cruciali: Bury Me My Love.

Anche in questo caso abbiamo chiacchierato un po’ a margine del festival con l’autore Florent Maurin, ex giornalista “di base”, che come ha raccontato è stato colpito da un reportage su Le Monde in cui si ricostruiva la vicenda della migrante siriana Dana, attraverso i messaggi whatsapp scambiati con i suoi cari durante il lungo viaggio. Florent ha spiegato che ha cercato subito di proporre ai giornalisti di Le Monde di trarre un gioco dal reportage, e si è visto opporre dei fermi rifiuti perchè “questa è roba seria”. A furia di insistere, i giornalisti hanno contattato la protagonista della storia per chiedere il suo parere, che è stato una entusiastica adesione al progetto – ed ecco il gioco.

Si tratta di una conversazione whatsapp tra Nour, ragazza siriana che decide di tentare la sorte cercando rifugio in Europa, e il marito Majid che deve restare in Siria a prendersi cura dei vecchi genitori in mezzo alla guerra. Il giocatore impersona Majid e già questo è particolare: i consigli che si possono dare a Nour non sempre sono pienamente ascoltati, e come sempre nei giochi di narrazione questo può portare a esiti ogni volta molto diversi. Il gioco va rigorosamente giocato sui telefoni, anche se esiste una versione per PC e Switch (Florent ci ha confidato che sono state scelte dell’editore, ma per lui la versone per mobile è quella vera…). La potenza del gioco e dell’ambientazione su smartphone è che la conversazione… ha dei tempi morti molto reali, a volte angoscianti, per cui se tu/Majid dai un consiglio a Nour la mattina, potrebbe capitare che la risposta arrivi solo nel pomeriggio, lasciandoti appeso all’indefinitezza della situazione, che è uno dei tratti principali delle storie di migrazione.

Abbiamo già parlato di videogiochi che cercano l’empatia con i loro utenti, che condividono la forma di oggetti narrativi, anche se più o meno non identificati, e che rafforzano sempre di più la mia idea di videogioco come strumento di narrazione, ancor meglio se narrazione di queste storie locali sepolte nelle mappe geografiche, che non vedono l’ora di essere dissotterrate, che vogliono essere raccontate.

Qualcuno durante le discussioni a Ferrara paragonava il videogioco all’opera lirica, per ricchezza e complessità dei linguaggi e presa sul pubblico. In effetti è molto suggestivo pensare al videogioco come all’oggetto che meglio incarni la formula del wort-ton-drama oggi… se avessi tempo, sarebbe un argomento su cui scrivere un libro 😇.

Un ultimo elemento che mi ha colpito, nell’analisi comparata di tutti questi videogiochi culturali presentati a Ferrara, è la vicinanza grafica e di metodi narrativi con il fumetto. Se da molti anni è motivo di vanto per i videogiochi AAA reggere il paragone con il cinema, il fatto che le produzioni indipendenti sempre di più cerchino il fumetto come fonte di ispirazione per raccontare le loro storie interattive, a me dice molto di più della semplice necessità di stare dentro a budget molto più bassi.

storie di fumetto
Capire il fumetto è… un saggio a fumetti, cruciale per comprendere il funzionamento dell’Arte Invisibile.

Sarà che la memoria della rete ancora conserva tracce di quando, in un’altra vita, al fumetto e alla sua analisi dedicavo molte energie, ma sono convinto che volenti o nolenti questa scelta si porti dietro una serie di altre implicazioni sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista del posizionamento rispetto agli utenti. Il fumetto, da troppi considerato una forma povera del cinema, in realtà ha molti tratti in comune con il teatro, dove allo stesso modo conta di più quel che non si mostra (lo spazio bianco tra le vignette…) di quello che viene palesemente raccontato.

E’ questa centralità del raccontare, più di tutto il resto, quello che sottolineo come risultato importante di un incontro in assoluto importante, per portare anche il nostro paese a discutere seriamente di videogiochi e dei loro possibili impatti. Ottimo lavoro IViPro!

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